E’ difficile spiegare quello che si prova alla fine di un altro ciclo, disco, tour, in cui ancora una volta le cose sono cambiate, il mondo è cambiato molto velocemente, noi suoniamo anche brani nati in un altra epoca, è molto bello scoprire che possono significare sempre cose nuove, ma ad adesso abbiamo come l’impressione di non avere ulteriori cose da comunicarvi, forse avremmo bisogno di un periodo in cui interiorizzare quello che è successo in questi quasi quattro anni, partiti zoppi, proseguiti feriti e terminati disorganizzati. E difficile spiegare quello che si prova alla fine di un ciclo. E’ come un senso di fame e di sazietà al tempo stesso, provato all’ora di pranzo di un giorno durato 4 anni. I tempi di un eso-organismo di cui siamo una piccola parte, e di cui viviamo i tempi come non solo nostri. Ci fa sempre piacere incontrare il pubblico, nuovi amici, vecchi fan, anche se , come sempre non ci sentiamo in dovere di giustificare nulla di quel che facciamo o non facciamo, diciamo o non diciamo. Ci fa sempre piacere stupirci del fatto che siamo riusciti a non crollare nemmeno stavolta. Non è il nostro lavoro. I nostri dischi sono sempre arrivati puntuali pur negli sbattimenti più continui come una sorta di cura proibita, somministrata a un paziente a cui non è stato diagnosticato un bel nulla, ma che ormai ne è dipendente. Non dobbiamo vendere per forza. Non dobbiamo piacere. Non vogliamo nulla. Non abbiamo altro driver che la ricerca di ancora un altro suono, ancora un altro accordo, ancora un altra immagine fatta di parole e ritmi che possa sbatterti di fronte a qualcosa che non ti piace di te stesso. Un promemoria a valorizzare ciò che vale. E così, non stiamo cercando concerti già da un anno, e probabilmente non ne accetteremo per un lasso di tempo sufficiente a incamerare nuove energie, nuova linfa, lasciar decantare dentro di noi le parole che ci avete detto, le reazioni al cazzo che sta succedendo nel mondo. Parliamo di questo, senza timidezza, che cazzo sta succedendo nel mondo?
trab
